Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria ha formalmente richiesto la cassa integrazione per 3.926 lavoratori a seguito dell’incendio all’altoforno 1 dello stabilimento di Taranto, verificatosi il 7 maggio scorso. La comunicazione è stata inoltrata ai sindacati, con la maggior parte dei lavoratori coinvolti proprio nel sito tarantino: 3.538 unità. Gli altri interessati sono 178 a Genova, 165 a Novi Ligure e 45 a Racconigi.
L’incidente, causato dallo scoppio di una tubiera, ha costretto la procura a disporre il sequestro dell’impianto, compromettendo in modo grave l’attività produttiva. Il dimezzamento della produzione ha reso inevitabile, secondo l’azienda, l’attivazione della cassa integrazione, mentre il futuro produttivo dello stabilimento appare incerto.
Il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, intervenuto ai microfoni di Radio24, ha sottolineato come l’intervento di messa in sicurezza fosse stato sollecitato da tempo, ma che l’autorizzazione sarebbe arrivata troppo tardi, pregiudicando il destino dell’altoforno 1. “Purtroppo – ha dichiarato Urso – l’attività produttiva è ormai compromessa. Non sarà più possibile riprendere un livello significativo di produzione come previsto nel piano industriale”.
Questa mattina, i commissari straordinari dell’azienda hanno incontrato i sindacati per informare ufficialmente delle misure che saranno adottate nei prossimi giorni, inclusa la richiesta di ammortizzatori sociali.
La crisi dell’ex Ilva, già da tempo al centro di polemiche industriali e ambientali, entra ora in una fase ancora più critica, con pesanti ricadute sull’occupazione e sulle prospettive produttive del comparto siderurgico nazionale. La situazione apre scenari di forte incertezza anche sul piano industriale del gruppo, che potrebbe subire una profonda revisione nei prossimi mesi.
I sindacati hanno già annunciato che vigileranno sull’evoluzione della vertenza e chiedono garanzie per il futuro occupazionale e industriale dei lavoratori coinvolti.
13/05/2025
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