Nel 2024 l’Italia ha superato la soglia dei 40.000 reati ambientali, con un incremento del 14,4% rispetto all’anno precedente. È quanto emerge dal Rapporto Ecomafia di Legambiente, che denuncia un attacco crescente e sistemico all’ambiente, con gravi ripercussioni anche sul tessuto economico legale e sull’affidabilità degli appalti pubblici.
Secondo i dati forniti dalle forze dell’ordine e dalle Capitanerie di porto, sono in media 111 i reati ambientali al giorno (4,6 ogni ora), per un giro d’affari illegale da 9,3 miliardi di euro. A farne le spese, oltre all’ambiente, anche le imprese oneste, che si trovano a competere con operatori illeciti e a scontrarsi con una corruzione dilagante, specie negli appalti green: dal maggio 2024 all’aprile 2025 sono state 88 le inchieste per tangenti (+17,3%).
Il settore del cemento è quello più colpito, con oltre 13.600 illeciti, ma la crescita maggiore si registra nel ciclo dei rifiuti (+19,9%). Le quattro regioni a più alta presenza mafiosa – Campania, Puglia, Calabria e Sicilia – concentrano il 42,6% dei reati ambientali, segno della forte infiltrazione criminale nei settori strategici del territorio.
Allarmante anche l’aumento dei reati contro il patrimonio culturale (+23,4%) e nel settore agroalimentare, dove, nonostante un calo dei controlli, aumentano arresti e infrazioni. La legge 68/2015 sui delitti ambientali, di cui ricorre il decennale, ha rafforzato gli strumenti repressivi, ma i numeri dimostrano che la criminalità organizzata continua a investire nel business dell’illegalità ambientale.
Per le imprese italiane, questo scenario rappresenta una minaccia concreta: oltre al danno reputazionale del Paese, cresce il rischio di infiltrazioni nei cantieri, nelle gare pubbliche e nella gestione dei rifiuti. Serve una risposta sistemica: trasparenza, controlli efficaci e collaborazione tra istituzioni e mondo produttivo per proteggere l’ambiente e l’economia legale.
10/07/2025
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