Il commercio al dettaglio italiano sta attraversando una trasformazione profonda e inquietante. Secondo l’ultimo allarme lanciato da Confcommercio, negli ultimi dodici anni sono scomparse 140mila attività: una perdita che sta ridisegnando il volto delle città, svuotando vie e quartieri e mettendo in crisi un intero modello economico.
Il dato più preoccupante riguarda però il futuro. Se la tendenza non verrà invertita, entro il 2035 potrebbe scomparire un negozio su cinque, con conseguenze pesantissime sia sul piano economico sia su quello sociale. Il rischio è quello di un’Italia con centri urbani sempre più desertificati, privi di quei presidi di prossimità che garantiscono servizi, sicurezza, socialità e vitalità.
Un’emorragia che parte da lontano
La crisi del commercio tradizionale non è un fenomeno improvviso. Tra il 2012 e il 2024, la combinazione di diversi fattori — crescita dell’e-commerce, aumento dei costi energetici, inflazione, calo dei consumi, burocrazia e pressione fiscale — ha messo in ginocchio migliaia di piccole imprese.
A soffrire di più sono i negozi indipendenti: botteghe storiche, librerie, negozi di abbigliamento, attività artigiane. La chiusura di questi esercizi impoverisce non solo l’economia locale, ma anche il tessuto culturale delle città, che perdono identità e punti di riferimento quotidiani.
I centri urbani cambiano volto
Nei centri storici, le serrande abbassate si moltiplicano, mentre nelle periferie il rischio è quello di una vera desertificazione commerciale. Alla perdita di esercizi si accompagna anche una riduzione della sicurezza percepita: strade meno frequentate e meno illuminate diventano più vulnerabili al degrado.
In parallelo, crescono i grandi poli commerciali e la vendita online, che offrono prezzi competitivi e comodità, ma sottraggono vitalità ai negozi di prossimità. Il risultato è un ecosistema squilibrato, dove il piccolo commercio fatica sempre più a sopravvivere.
Confcommercio: “Servono interventi strutturali, non palliativi”
L’associazione sollecita il governo a intervenire con misure urgenti e mirate. Tra le proposte:
- Riduzione del carico fiscale sulle piccole imprese.
- Semplificazione burocratica, oggi tra i principali ostacoli per chi vuole aprire o mantenere un’attività.
- Incentivi alla digitalizzazione, per aiutare i negozi a competere con la vendita online.
- Piani urbani integrati, che ripensino viabilità, accessibilità, spazi pubblici e sicurezza dei centri cittadini.
- Sostegno alle botteghe storiche, custodi di tradizioni e identità territoriali.
Senza un pacchetto di riforme complessive, secondo Confcommercio sarà impossibile invertire la rotta.
Il commercio come presidio sociale
La crisi delle attività di prossimità non riguarda solo l’economia, ma il modo stesso in cui viviamo le città. I negozi non sono semplicemente luoghi di acquisto: sono punti di incontro, di relazione, di assistenza quotidiana — fondamentali soprattutto per anziani e fasce deboli.
La loro scomparsa è la perdita di un pezzo di comunità.
Il tempo stringe
Con 140mila attività già svanite e un futuro che, senza interventi, prospetta la chiusura di un negozio su cinque entro il 2035, l’allarme non può più essere ignorato.
La sopravvivenza del commercio di prossimità non è solo una battaglia economica, ma una sfida civica: difendere la vitalità delle nostre città significa difendere la qualità della vita di tutti.
L’urgenza è ora.
17/11/2025







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