Il fronte sindacale unito di Fiom, Fim e Uilm rilancia la mobilitazione: richieste su salari, orari e diritti. Le imprese restano ferme: trattativa ancora in stallo.
La vertenza per il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici entra in una nuova fase di tensione. Dopo le 24 ore di sciopero già effettuate, Fiom, Fim e Uilm hanno annunciato, nel corso di una conferenza stampa, ulteriori 8 ore di astensione dal lavoro per spingere alla riapertura del negoziato, che risulta fermo dall’11 febbraio. Il contratto è scaduto da giugno 2024 e riguarda oltre 1,5 milioni di lavoratori impiegati in circa 16.000 imprese del comparto, cuore pulsante dell’industria italiana.
Le distanze tra sindacati e associazioni datoriali – Federmeccanica e Assistal – restano ampie. Al centro del confronto, innanzitutto, la questione salariale. I sindacati chiedono un aumento sui minimi retributivi di 280 euro mensili al livello C3, spalmati su tre anni. Le imprese rispondono con una proposta ben più contenuta: 173 euro, ma su un orizzonte di quattro anni. Una diluizione che, secondo le sigle sindacali, renderebbe l’adeguamento economico inadeguato rispetto al costo della vita e agli andamenti dell’inflazione.
Ma non si tratta solo di stipendi. La piattaforma unitaria rivendica anche una riduzione dell’orario di lavoro, puntando progressivamente alle 35 ore settimanali, seguendo l’esempio già attuato per chi lavora a turni. L’idea è di avviare una sperimentazione contrattuale, salvaguardando le intese aziendali già in essere.
Il blocco degli straordinari e delle flessibilità è stato confermato, e le prossime otto ore di sciopero saranno articolate a livello territoriale, dando continuità a una mobilitazione che i sindacati definiscono "necessaria e determinata". Il clima si è ulteriormente surriscaldato dopo episodi denunciati dalle sigle, come quelli avvenuti in alcune aziende padovane dove, secondo quanto riportato, sarebbero stati concessi premi ai lavoratori che non hanno aderito allo sciopero.
Dal fronte sindacale arrivano parole forti. Michele De Palma, segretario generale della Fiom-Cgil, ha parlato di “comportamento irresponsabile e antidemocratico” da parte delle controparti, accusate di “fare come le tre scimmiette: non sentono, non vedono e non parlano”. Per De Palma, il rinnovo del contratto non è solo una questione salariale ma un investimento nel futuro del sistema produttivo italiano, e ha chiesto una presa di posizione chiara anche da parte del Governo.
Diversa la posizione della Uilm, che non auspica un intervento diretto dell’esecutivo nella trattativa ma spinge per la detassazione degli aumenti ottenuti con il contratto nazionale, una misura che potrebbe sbloccare lo stallo.
Rocco Palombella, segretario generale Uilm, ha condannato il blocco della trattativa, definendolo “inaccettabile” a fronte di un contratto scaduto da nove mesi, mentre Ferdinando Uliano, leader della Fim-Cisl, ha promesso “iniziative più forti” se non ci saranno segnali di apertura da parte delle imprese.
La partita è ancora tutta aperta, ma il tempo stringe. In un settore che da solo vale il 44,4% delle esportazioni italiane, con un valore di quasi 280 miliardi di euro, l’esito di questa trattativa sarà cruciale non solo per i lavoratori coinvolti, ma per l’intero sistema industriale del Paese.
07/04/2025
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