Il fenomeno dell’impennata dei prezzi delle materie prime è iniziato già dallo scorso anno, investendo tutti i settori dell’economia. Ad aprile 2021, ‘Assolegno’, denunciava “un aumento del 60-70% del costo del legname da opera rispetto a settembre 2020, nonostante negli ultimi 70 anni la superficie forestale italiana sia triplicata”.
Nelle scorse ore il vicepresidente di FederlegnoArredo Paolo Fantoni ha spiegato che con l’aumento dei prezzi del gas, conseguenza della guerra ucraina, è in corso una profonda crisi nella produzione del legno, arrivando a toccare l’incremento più alto dal 2012. Prima del conflitto, per salvaguardare l’ambiente, parte degli imballaggi in plastica erano stati sostituiti da materiali legnosi. In seguito all’attacco russo, purtroppo i processi ‘green’ di trasformazione del legname hanno subito un rallentamento, preferendo utilizzare gli alberi per fabbricare pellet, il famoso biocombustibile.
In seguito alla continua crescita dell’inflazione, il prezzo del legno è a livelli preoccupanti: “il ‘legno in piedi’, cioè che deve essere ancora tagliato, è passato da 50/60 euro al metro cubo a 100/120; i pannelli derivati, da 140 a 300 euro; ancor peggio è il costo dei sottoprodotti, tra cui la segatura, da 6 euro al m3 è arrivato a 24 euro”.
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