I fatti risalgono al luglio del 2010, quando, un’impiegata della procura della Repubblica di Firenze, allontanandosi dall’ufficio giudiziario presso cui prestava servizio, per recarsi in un bar nelle vicinanze, per la pausa caffè, si fece male ad un polso.
Alla dipendente, che fece ricorso per ottenere l’indennità di infortunio sul lavoro, le venne riconosciuto, sia dal tribunale che dalla Corte d’appello di Firenze, in quanto, come lei stesa spiegò: “il servizio bar all’interno dell’ufficio era assente, e la pausa era stata autorizzata dal datore di lavoro”.
L’Inail, di tutt’altro parere, decise di rivolgersi in Cassazione e, nelle scorse ore, è uscita una nuova sentenza che ribalta quanto stabilito nei precedenti gradi di giudizio. La Suprema Corte ha sancito che la donna non ha diritto all’indennizzo, proprio perché l’infortunio è avvenuto durante la ‘pausa caffè’ fuori dalla struttura del lavoro.
Nel documento si legge: “E’ da escludere l’indennizzabilità - poiché - la lavoratrice si è volontariamente esposta ad un rischio, non necessariamente connesso all’attività lavorativa, per il soddisfacimento di un bisogno certamente procrastinabile e non impellente, interrompendo così la necessaria connessione causale tra attività lavorativa e incidente”.
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