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Il romanzo di Vincenzo Patierno è una bussola per ritrovare la memoria

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Con uno stile scanzonato, intriso di ironia e malinconia, Vincenzo Patierno ci regala un romanzo che è al tempo stesso un diario di formazione e un inno alla giovinezza. Alla valle dei mulini di Gragnano non è soltanto un resoconto nostalgico delle avventure scoutistiche, ma un'opera che riesce a fondere leggerezza narrativa e profondità emotiva con sorprendente equilibrio.
 
Il protagonista, che porta lo stesso nome dell’autore, è un ragazzo che si fa notare più per i suoi scherzi fuori luogo che per la disciplina. Ma è proprio in questa sua indole ribelle che si cela il fascino del racconto: Vincenzo è autentico, imperfetto, genuinamente umano. Anche quando rischia di essere espulso dagli scout — impresa titanica di per sé — non si riesce a non tifare per lui. La scena iniziale con la vicepreside "a culo in terra" al grido di "Al fuoco!" dà subito il tono del romanzo: vivace, irriverente, imprevedibile.
 
Patierno descrive un mondo che sembra lontano nel tempo, ma che in realtà è più vicino che mai nella memoria di chi ha vissuto esperienze simili. I mulini che dominano la valle assumono quasi una valenza mitologica, paragonati ai Titani dell’Olimpo, e diventano simboli di un’epoca che resiste all’oblio. Tra avventure scout, primi amori, scoperte e misteri, la narrazione si dipana con naturalezza e riesce a coinvolgere anche chi di scoutismo non sa nulla.
 
La forza del romanzo sta nella capacità di evocare odori, sapori, atmosfere: c'è l'aroma dei campi, il gusto della pizza offerta dalla "casa", le imprese di Aurelio che fanno esultare il pubblico, le stravaganze di Don Alfonso e della sua nonna imprenditrice. Ogni personaggio è delineato con tratti vividi, spesso caricaturali ma mai grotteschi, inseriti in una cornice narrativa che mescola quotidianità e teatralità con sorprendente armonia.
 
Il romanzo si legge d’un fiato. Il lettore si promette di fermarsi alla pagina successiva, ma finisce inevitabilmente per divorare un altro capitolo, e poi un altro ancora. La scrittura è fluida, brillante, animata da una voce narrante che accompagna con complicità, con uno sguardo ora tenero, ora divertito.
 
Nel finale, la trama prende sfumature da giallo, aggiungendo un’ulteriore dimensione al racconto e mostrando come anche in un mondo di tende e falò possano nascondersi segreti degni di un romanzo investigativo. Chi risolverà l’enigma? Forse proprio chi meno te lo aspetti — e qui Patierno gioca bene le sue carte, senza tradire il tono spensierato della narrazione.
 
Alla valle dei mulini di Gragnano è una lettura che fa bene all’anima, che fa sorridere e riflettere, che ci ricorda di un tempo in cui per guardare il mondo bastavano gli occhi e non uno schermo. È un omaggio alla memoria, all’amicizia, e a quei “giganti buoni” — i mulini — che custodiscono le storie di un’intera generazione

11/05/2025

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